Cosa significa per te essere un tifoso del Milan?
Per me essere un tifoso milanista è la massima espressione della fedeltà: sono cresciuto con i vari Honda, Zaccardo, Traorè e Niang, e nonostante tutto non ho mai abbandonato i colori rossoneri. Oltre a questo, però, il tifo per il Milan è amore allo stato puro, è un sentimento incondizionato che hai anche quando la tua metà ti fa arrabbiare. In un certo senso, mi sento come un poeta dell’Amor Cortese, che amava la sua donna pur sapendo di non essere ricambiato: anche se il Milan dovesse finire in serie B (o peggio), non smetterei mai di supportare la mia squadra del cuore.
Qual è stato il momento in cui hai capito che essere milanista non è solo una passione, ma una parte di chi sei?
Durante la Supercoppa italiana del 2016. Le prime lacrime di gioia per i colori rossoneri: mi sentivo come se fossimo tornati al top, proprio come negli anni d’oro di cui mi parlava mio padre.
Qual è il tuo primo ricordo legato al Milan?
Lecce-Milan 3-4: BOA BOA BOA TENG TENG TENG. Immagina un bimbo di 4 anni che urla questo saltando per tutta casa.
Come ti sei avvicinato al Milan nonostante la distanza?
Mio padre mi comprò una maglia di Sheva quando avevo solo 4 anni: da lì mi sono letteralmente innamorato di quella seconda pelle.
Sei mai stato a San Siro?
Sono stato a San Siro quattro volte: la prima volta è stato nel 2015 per un Milan-Sampdoria (entrai anche in campo con i calciatori, un’emozione unica).
Abitando lontano, com’è stato il tuo viaggio per arrivare a San Siro? Come lo hai vissuto?
Partimmo in autobus alle 3:30 per affrontare un viaggio di 856,1 Km: l’attesa fece sembrare quel viaggio infinito. Fra soste in autogrill, pranzo al sacco e merenda veloce, il tempo passò, facendomi trovare in un attimo alle 19:30 davanti ai tornelli.
Se avessi l’opportunità di incontrare un ex giocatore che ha scritto la storia del Milan, chi sarebbe e cosa gli diresti?
Vorrei incontrare Kakà per ringraziarlo di avermi fatto rivivere, in un certo senso, quell’atmosfera dei primi anni 2000, quando tornò nel 2014 a servizio dei nostri colori che sembravano ormai un po’ sbiaditi.
Qual è stata la partita più emozionante che hai vissuto da tifoso, al di là del risultato?
Sassuolo-Milan 0-3. Quel Sassuolo-Milan, quello dello scudetto. Semplicemente unico.
Qual è il tuo sogno per il futuro del Milan? Dove vorresti vedere la squadra nei prossimi 5 anni?
Vorrei che il Milan tornasse ad avere un’identità in Italia e nel mondo: non dico di voler vedere la Champions alzata ogni anno, ma quantomeno mi aspetto di lottare per vincerla tutti gli anni, sperando inoltre di cucire la seconda stella sul petto.
Essere milanista vuol dire vivere emozioni contrastanti, come momenti di grande euforia seguiti da difficoltà. Come le vivi?
Le partite del Milan influenzano pesantemente la mia settimana: se il Milan perde mi innervosisco facilmente e non riesco a stare tranquillo. Al contrario, quando vinciamo sono allegro e sorridente, pronto a schernire gli avversari.
Immagina di essere l’allenatore del Milan prima di una partita. Cosa diresti ai tuoi giocatori per vincere la partita?
Farei riflettere i miei calciatori sull’importanza dei colori che indossano per responsabilizzarli, tutto qui.
Qual è il tuo rituale pre-partita del Milan? La guardi con qualcuno?
Guardo sempre la partita con mio padre e mio fratello, senza però particolari riti pre-partita (a parte quello di allestire la casa a tema Milan con sciarpe, maglie e bandiere).
Se dovessi descrivere con una parola…
Atmosfera di San Siro: FANTASMAGORICA
Stadio San Siro: MONUMENTALE
La tua emozione per un gol del Milan: PAZZIA
Tifo rossonero: AMORE
Che voto dai a…
Stagione del Milan: 6 (solo per la vittoria della Supercoppa e perché rimane da poter vincere la Coppa Italia).
Tuo essere milanista: I voti vanno fino a 10? Va bene, allora 100!
Se dovessi scegliere tra vincere la Champions League ma consegnare come lo scorso anno lo scudetto all’Inter in un derby e perdere la finale di Champions ma vincere lo scudetto in faccia all’Inter in un derby, cosa sceglieresti?
Vincere la Champions: abbiamo di meglio da fare che vincere uno scudettino. Ve lo ricordate Ambrosini?