Complice l’avvicendarsi di due tecnici originari di quelle terre e lo sbocciare di un cavallo di razza, il Milan sembra aver trovato nel talento iberico una via per dare linfa vitale al proprio attacco. Appare però lampante che convivenza tra estro spagnoleggiante e rigore tattico italiano non è affatto semplice. La presenza di giocatori come Leão, João Félix e Jiménez evidenzia uno strutturato progetto di mercato, che però deve sapersi coniugare all’interno del proprio sistema di riferimento.

Storicamente il club rossonero non è stato tra i principali destinatari del “sabor iberico”, preferendogli piuttosto l’apparente -ma neanche troppo- leziosità dei calciatori brasiliani. I primi giocatori provenientida Spagna e Portogallo non hanno di certo lasciato un segno indelebile, con diverse meteore che non sono riuscite a imporsi. Si pensi, per chi mai ne avesse ricordo, a un effimero José Mari od al Topolone Javi Moreno.

Un solo -roboante!- nome rimane impresso nel cuore dei tifosi rossoneri: Manuel Rui Costa. Arrivato nel 2001 dalla Fiorentina, il trequartista portoghese ha incarnato al meglio l’eleganza e la visione di gioco tipiche dei grandi registi. Prode interprete del team delle meraviglie di Old Trafford, è stato fondamentale per la vittoria della Champions League nel 2003 e dello Scudetto nel 2004, diventando un baluardo per il Milan di Ancelotti.Negli anni a seguire, e nel buio periodo di avvicendamento societario, la squadra è rimasta sguarnita di interpreti provenienti dalla penisola iberica.

Dissonanza tecnico-tattica

Vi è poi, o per meglio dire alla base, un evidente contrasto fra stili di gioco visibilmente approcciati in maniera diversa.

Il calcio spagnolo e portoghese è sinonimo sì di possesso, ma visto in ottica di improvvisazione e libertà creativa. Queste qualità, che spesso sfociano in un calcio spumeggiante, devono però trovare un equilibrio con l’approccio tattico italiano, più normato e che ha alla base un notevole impianto tattico e strategico.

Passata l’epoca dei brasiliani, da Rivaldo a Kakà fino a Paquetà, il Milan ha sovente fatto affidamento su giocatori dalla verve latina. Questo spiega come, soprattutto nelle ultimissime stagioni, il club di via Aldo Rossi si sia affidato ad interpreti che condividono alcune specifiche nello stile di gioco. L’imprevedibilità di Leão, il dinamismo di João Félix e l’estro spiccato del giovane Jiménez sono tutte variabili che certamente hanno fatto impazzire di gioia i tecnici lusitani subito avvicendatisi.

Il dilemma di Jiménez

Un nodo cruciale nella vicenda iberica è rappresentato dalla situazione contrattuale del gioiellino madrileno. Il suo contratto, in scadenza nel 2025, prevede un diritto di recompra da parte del Real: 9 milioni nel 2025 e 12 milioni nel 2026.

Una clausola che stona con il prestigio del club più titolato d’Italia, riducendolo a una mera tappa di passaggio per la maturazione altrui. Certamente questa vicenda implicherà una riflessione ai vertici societari del Milan, giacché perdere un talento cristallino -e pure giovane per davvero- sarebbe un assist di cui il club di Florentino Pérez non ha di sicuro bisogno.

Per evitare che si paventi un tale scenario, i dignitari rossoneri hanno in agenda di incontrarsi con quelli dei Blancos per ridiscutere i termini dell’accordo. Le clausole allora stipulate rischiano infatti di sbiadire una virtuosa opera di valorizzazione, che ormai da un paio di mesi ha portato ad una notevole maturazione del calciatore.

Aguzzando la vista per acquisire una visione d’insieme, la vicenda di Jiménez rappresenta un rimando al paradosso iberico: un innegabile talento che rischia di rimanere arenato a causa di clausole e limiti che possono compromettere il suo progetto a lungo termine.

Riflessioni finali

Appurato che questo Milan a trazione offensiva fa vasto affidamento sui talenti della penisola iberica, è bene notare che questi hanno dato una vistosa svolta al gioco più impostato -Rafa a parte- a cui siamo stati abituati in questi anni.

Il futuro dirĂ  se il club rossonero riuscirĂ  a sfruttare al meglio il potenziale di questi talenti, mantenendo un equilibrio tra creativitĂ  e rigore. In attesa di ulteriori sviluppi, queste vicende restano tra gli aspetti piĂą intriganti complessi ed intriganti della strategia del Milan, rimando ad un paradosso identitario che, se ben gestito, potrebbe rivelarsi la chiave per un nuovo Rinascimento rossonero.

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Informazioni sull'autore: Jacopo Galati

Mi chiamo Jacopo, sono un ragazzo di 24 anni che fa la spola tra Crema (CR) e Milano. A 11-12 anni provai a giocare a calcio per 2-3 anni ma con scarsi risultati, quindi ho subito appeso gli scarpini al chiodo. Durante l’adolescenza ho frequentato il liceo classico e, a Dicembre 2024, mi sono laureato in fashion Styling & Communication in Accademia del Lusso a Milano. Di nuovo negli anni delle superiori, ho fatto il pr per delle discoteche del mio paese, il che mi appassionava e -non meno importante- mi permetteva di avere sempre il tavolo. Da una prospettiva più ampia, il pallone ha sempre costellato la mia vita, in quanto mio papà è un fervente tifoso del Calcio Catania. Fin bambino il Milan mi ha sempre affascinato e, dopo l’addio dei senatori, ho iniziato a seguirlo quotidianamente sui portali di notizie. Amo il pallone e seguirne le partite e le dinamiche, con curiosità ed aneddoti annessi.